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Ingredients
Per il rinfresco del lievito madre:
200 g lievito madre
200 g di semola di grano duro
100 ml di acqua
Per l’impasto delle friselle:
2 Kg semola di grano duro
900 ml acqua
40 g sale
Friselle del Salento
Prodotto agroalimentare tradizionale (P.A.T.) della Puglia, è un biscotto di pasta di pane prodotta con semola di grano duro del Salento; la frisella è consumata intrisa di acqua e coperta di pomodori freschi con abbondante olio extravergine di oliva di frantoio e origano
recipe given by our chef at .
- This course is: Antipasto
- Difficult to prepare: MEDIO
- is a typical course made in: PUGLIA
- You should drink:
- The time to prepare this course is: , and cooking time is:
Procedure
Per prima cosa rinfrescate il lievito madre. Impastate 200 g di pasta madre (a temperatura ambiente) con 200 g di semola di grano duro e 100 ml di acqua, fate lievitare l’impasto fino a che non avrà almeno raddoppiato il volume; potete iniziare anche il giorno prima, in modo che la mattina seguente avrete già il lievito madre pronto: rinfrescate la sera, fate lievitare almeno un’ora e mezza e poi mettete in frigo per tutta la notte, la lievitazione procederà lentamente anche a 4°C.
Una volta che la pasta madre sarà cresciuta, si può procedere con l’impasto delle friselle.
Mettete la farina di grano duro in una capiente terrina e impastate con acqua (in cui è stato sciolto il sale) e il lievito madre (portato a temperatura ambiente). Completate l’impastamento sulla spianatoia, quando avrete ottenuto un impasto liscio ed omogeneo mettetelo in un contenitore capiente (meglio se di legno), copritelo e fatelo lievitare per circa 4-5 h, o comunque fino a quando non avrà almeno raddoppiato il volume, per facilitare la lievitazione potete metterlo nel forno spento con un pentolino di acqua calda.
Una volta lievitato, tagliate dei pugni di impasto della pezzatura di circa 150-180 g, sfinateli fino ad ottenere dei filoncini lunghi circa 25 cm e spessi 2-3 cm, appiattiteli con le dita esercitando una maggiore pressione al centro lungo l’asse principale dei filoncini, in modo da creare una riduzione dello spessore centrale che faciliterà il successivo taglio. Arrotolate i filoncini a spirale lasciando un piccolo buco al centro che verrà perso durante l’ulteriore lievitazione. Adagiate le friselle su una teglia foderata con carta forno e fate lievitare per altre 2-3 h.
Quindi infornate le friselle in forno caldo a 200°C per circa 15-20 minuti, una volta trascorso questo tempo tiratele fuori e ancora calde tagliatele orizzontalmente lungo l’asse mediano aiutandovi con uno spago ed eseguendo un taglio a strozzo, questo consentirà di ottenere una buona rugosità della superficie delle friselle.
Adagiate le due metà su una teglia con la parte tagliata rivolta verso l’alto e rimettetele ancora calde in forno per farle biscottare, dovranno cuocere ancora per circa 30 minuti a 150°C.
I tell you this recipe
Le friselle o frise, o meglio ancora come le chiamano nel Salento le friseddhe, sono delle ciambelle senza buco (perché il piccolo foro ottenuto durante la preparazione viene perso durante la lievitazione, l’impasto crescendo riempie tutto lo spazio interno), queste sono realizzate con una pasta a base di semola di grano duro e seguono una doppia cottura (bis-cottate), infatti vengono prima cotte intere e successivamente le cocchie (coppie) vengono tagliate orizzontalmente e biscottate al forno.
Sono tipiche della Puglia, ma si trovano anche in altre regioni del sud, come ad esempio in Campania, note come freselle, e in Calabria, definite frese. Sono diffusissime in tutta Italia e sono preparate anche con diversi tipi di farina: d’orzo, di grano duro, e diverse miscele di queste due farine, ma anche con farina di grano tenero, soprattutto per la preparazione delle friselline (friselle di dimensioni molto più piccole).
La versione più accreditata sull’origine etimologica del termine frisella farebbe derivare il vocabolo dal verbo “frendere”, in pratica sarebbe un diminutivo del participio passato femminile di questo verbo che significa frantumare, macinare, rompere e che evoca la friabilità della frisella che inzuppata d’acqua si sgretola con facilità.
Saper pronunciare la parola friseddha è una questione quasi “genetica” perché è molto difficile riprodurre esattamente il suono della consonante cacuminale ɖ (occlusiva retroflessa sonora), tale suono (usato in sostituzione della l nelle parole italiane o latine) è tipico dell’idioma salentino e l’esatta pronuncia richiede di mettere la lingua tra i denti e il palato, la lingua si flette all’indietro (consonante retroflessa) ed occlude il canale orale (occlusiva) e il suono si genera per vibrazione delle corde vocali (sonora).
Questo risultato si raggiunge con una certa pratica oppure viene naturale se si è abituati al dialetto fin da piccoli. Ecco perché saper pronunciare perfettamente la parola friseddhe è indice di appartenenza territoriale alla Puglia.
L’origine delle friselle è molto antica, alcuni racconti popolari farebbero risalire la nascita delle friselle ai tempi delle Crociate, infatti nel Salento le friselle sono spesso definite il “pane dei crociati”. Si ritiene che rappresentassero l’approvviggionamento di viveri per i crociati che spesso partivano per la Terra Santa proprio dai porti salentini, la lunga conservabilità garantiva ai viaggiatori di avere sempre a disposizione un rifornimento di cibo.
Un’altra ipotesi farebbe risalire l’origine delle friselle al X secolo a.C., durante l’epoca Fenicia in cui i mercanti nei loro viaggi in mare consumavano delle ciambelle scure fatte con farina di grano che ammorbidivano utilizzando l’acqua marina.
Questa pratica ancora era seguita fino a qualche decennio fa, le friselle erano bagnate con acqua di mare e poi condite senza l’ulteriore aggiunta di sale.
Nel Salento le friselle rappresentano ormai una tradizione e sono inserite nei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali), come già indicato dalle teorie sull’origine di questo prodotto, l’uso che se ne faceva soprattutto in passato era di sostituzione al pane nei casi in cui non era possibile averlo sempre fresco, specialmente quando i contadini si ritiravano nelle campagne per diverso tempo e non avevano a disposizione il forno.
Una volta cotte le friselle, essendo quasi completamente disidratate, si conservano per diversi mesi, nel Salento è consuetudine riporle in orci di creta chiamati capàse che garantiscono una lunga conservabilità. È molto importante per la conservazione che le friselle rimangano chiuse al riparo dell’umidità.
Proprio perché si conservano a lungo, io sono solito fare le friselle con gli avanzi dei rinfreschi della pasta madre (che altrimenti dovrei buttare), un modo questo per recuperare glia vanzi e per avere pane secco sempre disponibile.
Il modo più consueto di consumare le friselle è con pomodori freschi (spesso pomodorini) che vengono tagliati a pezzi e sfregati sulla superficie rugosa della frisella facendo fuoriuscire e depositare sulla frisella i semi ancora nella matrice gelatinosa e parte della polpa dei pomodori, vengono poi irrorate con abbondante olio di frantoio e spolverate con origano salentino.
Ma le friselle sono buone con una infinità di condimenti, come i lampascioni, le olive, il tonno, le acciughe, i sottoceti e vengono usate perfino al posto delle fette biscottate nel latte a colazione, inoltre costituiscono la base per la zuppa di pesce.
Non è affatto di secondaria importanza la procedura per inzuppare le friselle. C’è addirittura chi definisce una vera e propria profanatura delle friselle quei metodi che portano una errata bagnatura. Il metodo corretto è quello di immergere in un coccio fondo pieno di acqua la frisella per pochi secondi e di ripetere l’operazione 3 volte, c’è un detto che dice che la frisella va bagnata per il tempo di un’Ave Maria. Esistono in commercio delle apposite strumentazioni per bagnare le friselle, si chiamano “Sponza-Frise”, sono dei cocci di terracotta costituiti da due piani, una fondina in cui va immersa la frisella nell’acqua e un piano di sopra piatto in cui viene messa a sgocciolare la frisella opportunamente bagnata e poi condita e mangiata. In dialetto salentino la procedura di bagnatura della frisella prende il nome di “spunzatura”, tale termine però può assumere anche una connotazione negativa, infatti una “frisa spunzata” è una frisella che si sfalda facilmente o perché è stata troppo bagnata oppure perché è trascorso troppo tempo dalla bagnatura.
Il tempo di bagnatura dipende anche da quale parte della frisella si usa, infatti quando la cocchia viene fatta a metà si ottengono due parti: quella di sopra (friseddha te susu) che rimane concava e più friabile e quella di sotto (friseddha te sutta) che è invece piatta e più dura e che ha bisogno di un po’ più di tempo per essere ben bagnata.
the nutritional
Ogni frisella
Energia: 150,90 Kcal
Fibra alimentare totale: 1,70 g
Alcol: 0,00 g
Acqua: 29,10 g
Proteine totali: 6,05 g
Proteine animali: 0,00 g
Proteine vegetali: 6,05 g
Lipidi totali: 1,24 g
Lipidi animali: 0,00 g
Lipidi vegetali: 1,24 g
Colesterolo: 0,00 mg
Carboidrati disponibili: 30,80 g
Amido: 29,38 g
Zuccheri solubili: 1,42 g
words to remember
Friselle, frise, freselle, friseddhe, friseddhe te susu, friseddhe te sutta, puglia, salento, semola di grano duro, lievito o pasta madre, lievitazione naturale, sponzatura, sponza frise, friseddha spunzata, pane dei crociati, pane secco, pane biscottato
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